Arte contemporanea e sacro sono due espressioni della medesima visione. Nella mia esperienza artistica riflettere e intervenire su luoghi sacri è la prosecuzione naturale e contigua del fare arte. Una arte autentica è sempre sacra e non vi è arte sacra che possa chiamarsi fuori dal contemporaneo. Nessuna dicotomia o contrapposizione tra due ambiti che sono in realtà uno.
Il dialogo con il significato non è altro che la sfida a ripensare le proprie strutture formali in una cornice che ne definisce i confini solo nei termini di focus. Non ne limita in alcun modo l’espressione, la contestualizza in un ambito dove il significato è la chiave fondamentale delle realizzazioni. In queste pagine ricostruisco brevemente alcuni elementi scelti tra i miei interventi in chiese dai contesti più diversi. Identità, univocità e armonia sono le basi di ogni mio pensiero e progetto che riguardi la dialettica tra sacro e contemporaneo.
La dialettica che interessa il sacro contemporaneo insiste dentro un unico evento: il simbolo. Il primo progetto che mi ha visto coinvolto è stato quello di Santa Maria di Colle, dove ho sviluppato i primi punti che mi hanno guidato e continuano a guidarmi negli interventi seguenti e in quelli futuri. Il primo “manifesto” che ho redatto, ritagliato su quell’intervento specifico, è stato pubblicato su Rassegna di Teologia del settembre 2011, e sulla rivista universitaria Studi Umbri. Raul Gabriel 2009-2010, Interventi sulla Chiesa di Santa Maria di Colle di Perugia: la sfida della modernità .
Raul Gabriel
(…) L’architettura del sacro non è di per sé necessaria alla sopravvivenza. Accontentarsi di uno sviluppo estetico modulare – per sottrazione, aggiunta, moltiplicazione, frattale e così via – non soddisfa in nessun modo l’idea di unità estetica e di armonia di un luogo sacro. Deve invece essere individuato il congegno vitale della forma, molto più intimo dell’esplicitarsi della forma stessa. Il processo, ancora il processo. Non i moduli. Non le cifre stilistiche. Tutto questo è particolarmente necessario nei casi che prevedono un adeguamento liturgico, operazione che viene spesso compiuta anche nei progetti nuovi, dove il più delle volte è necessario pensare i poli liturgici – che dovrebbero essere la fonte prima del progetto – a involucro compiuto.
Ci si trova ad avere architetture, più o meno stimolanti, con dei presbiteri la cui presenza è risibile. Qui serve intercettare l’accordatura della intelaiatura architettonica, per far sì che i luoghi liturgici, giocoforza pensati a posteriori, si rivelino come il motivo essenziale, il motore, intorno a cui l’architettura è stata pensata. In questo è necessaria una componente di servizio. Nell’autonomia e nella libertà di creazione dell’artista (autonomia e libertà che hanno come correlato la responsabilità) deve essere chiaro che una chiesa non si presta alla estemporaneità fine a se stessa.
tratto da
di Raul Gabriel
Cosa definisce il luogo sacro? Non il perimetro, ma il fulcro. Non la definizione di un’area, ma l’accadimento del simbolo in un punto preciso che poi, con forza insieme centrifuga e centripeta insieme, determina il perimetro, l’area, il luogo-casa. L’accadimento che determina la necessità del luogo è l’incontro. Non altro. Diversamente, la fascinazione concettuale del compiacimento idolatrico dello spazio finisce per negare l’essenza di quel luogo, giustificato solo dalla carne.
Non intendo la casa come funzione. Intendo la casa come espansione antropologica dell’esistere, elemento concreto che interfaccia l’atto di abitare i luoghi.
tratto da
di Raul Gabriel
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