Sul pensare il contemporaneo nello spazio sacro sono stati e continuano ad essere scritti fiumi di parole che a volte trovo prive di adesione a realtà molto più banali . La mia personale idea si fonda su pochi pricipi essenziali. Unicità, dinamica, complessità, armonia, energia. La definizione di contemporaneo è una conseguenza, non la cornice di stile a cui affidarsi come avviene in tanti casi. Chi ha a che fare con il sacro dovrebbe sempre ricordarsi, come i suoi committenti, che in gioco non è il gusto di questo o quello, la comodità o la rispondenza alle piccole vanità. In gioco è la storia con cui nel bene e nel male si confronteranno i simboli realizzati.
L’innesto è una operazione vitale di esperienza viva non l’applicazione di forme ideologiche estetiche che pr quanto raffinate falliscono in un compito essenziale per lo spazio sacro : l’identità che è conseguenza di una presenza. La presenza di una forma in grado di rimandare tutta la forza del simbolo in quel luogo, in quella storia, in quel contesto culturale, non in un altro. Il sacro non prevede soluzioni generiche applicabili in forma piu o meno modulare, con qualche fregio qua e là che non ha alcuna valenza se non di mero arredo di ambiente. Sacro è anche religoso ma va molto oltre. Il sacro è la dimensione costitutiva dell’esistenza ubiquitaria e priva di elezioni estetiche, come si crede. Per quanto mi riguarda ogni progetto è figlio di una immersione totale nel luogo, un contatto per osmosi che a volte è piu facile altre meno. Nulla di meno che la sfida sempre finale di dare una forma al mistero, a cio che non si puo spiegare e che solo la poesia, la poesia autentica dura e diretta delle forme può tentare di far risuonare.
Il progetto per l’abbazia Cistercense di Rivalta Scrivia, XII sec.
Il progetto per un luogo così significativo dal punto di vista storico e simbolico mi ha permesso di mostrare la validità del metodo filologico che permette di comiugare l’antico con un pensiero contemporaneo. Lì non era richiesto che io portassi un corpo estraneo per giustificare l’etichetta contemporaneo del tutto priva di senso in ogni caso. Era richiesto che io pensassi come un monaco cistercense contemporaneo per mostrare che la continuità è possibile se la fonte è fertile e se chi ci si avvicina è al servizio. Essere al servizio non intacca in alcun modo la novità, la sfida a manifestarsi in un tessuto linguistico simbolico ben preciso, di cui ogni luogo sacro , e direi ogni luogo laico, è comunque depositario.
Il sacro come casa, il simbolo come architettura, il percorso come progetto di storia condivisa, mai posseduta
I simboli non sono oggetti, sono luoghi e come tali sottendono una architettura. Una architettura del tutto specifica, che è scultura, che è scrittura, che è pittura ,che deve essere poesia. Nel momento in cui è arredo fallisce. Occuparsi di un luogo sacro non è come occuparsi della casa del borghese, di questo o quello. La casa è condivisa ma non è proprietà di nessuno se non se stessa, è proprietà del sibolo che in qualche modo incarna. La responsabilità è grande: se incarna un pensiero debole, se incarna finzione e ipocrisia, cosmesi piuttosto che percorso estetico compiuto, parlerà e trasmettera quello, indipendentemente da tutte lebelle parole si possano dire e scrivere. L’incontro diretto è l’unica forza risolutiva dei percorsi umani. Molti committenti ed esecutori sembrano dimenticarse o forse non sono interessati.