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LUCEBUIO

(…) Qui, attraverso una sorta di antipittura (le tele sono frutto di colate controllate di vernice) Raul Gabriel dà vita a una superficie lucida fitta di meandri e radure, come una estesa e variata geografia, chiamata a raccogliere la luce nelle sue variazioni di tono, intensità, direzione. Dove i divisionisti analizzano razionalmente il totale nelle varie componenti cromatiche, Gabriel frantuma l’intero in altrettanti interi che pongono la forma in vibrazione. All’accostamento divisionista, frutto di un meccanismo a priori, si sostituisce qui un processo messo in atto dall’opera stessa. In entrambi i casi però il problema è sempre catturare la luce. (…)

Paolo Bolpagni

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